Prima lo farei piatto
e poi lo asfalterei.
Il mondo dico: tutto.
Grigio a ricoprire
terre e oceani. Uniforme.
Vasto, immenso, sconfinato:
un piazzale sferico.
Parcheggio di camion
partiti alla mattina presto
per un non dove.
Nella desolazione abbandonati
cartacce e me. Nel mezzo
come sempre si è
quando nel nulla si è soli.
Passano gli anni e la vita
con la neve a Natale
a ricoprire il grigio.
Con il vento che spazza
mulina e dopo lascia
i soliti cumuli lì.
Con la pioggia che si raccoglie
negli avvallamenti di bitume
ed aspetta d'evaporarsi.
Il sole arriva
molto prima di ferragosto, sopra
ed io sotto a bestemmiarmi,
creatore del mondo-piazzale che brucia.
Come decorazione
ci metterei i lampioni
quelli alti alti e magri magri
che curvano alla fine
con la testa mesta e sguardo basso.
Ben distanti l’uno dall’altro,
accesi e spenti a stabilite ore
e poi si fulminano d’improvviso.
Sarebbero come invasori alieni,
inoffensivi, fissi ad osservare
la loro sottile ombra o fredda luce.
Ci ho parlato negli scorsi secoli.
Buoni amici,
restano muti e non sanno
che passo l’eternità a cercare
quel camion mio
da qualche parte posteggiato.
Ma ho confuso il ricordo
che forse è qua oppure era là.
E disperato infine sospetto
l’abbia rubato quell’infido
lampione
che mai s’è acceso.
Posted 17.11.2009
First I’ll make it flat
and then I’ll asphalt it.
The world I mean: all of it.
Grey to cover
land and sea. Uniform.
Vast, immense, boundless:
a spherical forecourt,
parking lot for trucks
that left early in the morning
for a nowhere.
Abandoned in the desolation
paper scraps and me. In the middle
as one always is
when alone in nothingness.
The years and life are passing
with the snow at Christmas
covering the grey.
With the wind that sweeps
whirls and leaves in the end
the usual heaps behind.
With the rain that gathers
in the hollows of the asphalt
to await evaporation.
The sun arrives
long before the summer holidays, above,
and I below, cursing myself,
the creator of the forecourt-world that burns.
For decoration
I would put up street lights,
those very tall and thin ones
that curve towards the end
with dangling head and lowered gaze.
Quite distant, one from another,
switched on, switched off at fixed times
and then suddenly burning through.
They would be like alien invaders,
inoffensive ones, frozen there in observation
of their own subtle shadows or cold light.
I talked to them throughout the centuries.
Good friends,
they remain dumb and don’t know
that all this time I am searching
for my own truck
parked somewhere.
O I can’t remember
where I left it.
Desperate, in the end, I suspect
it has been stolen
by that dodgy lamp
that has never worked.
Translation by Bhikkhu Abhinando